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- (3° parte) -

 
 
 
  

Strane frequentazioni. Spesso gli Amphiprion, in mancanza di un anemone, finiscono per affezionarsi a qualche surrogato. La mia coppia di A. percula, prima dell'arrivo in vasca di una Heteractis crispa, aveva stretto un'intima amicizia con un'«imbarazzatissima» Trachyphyllia geoffroyi


  

Clandestini. Un granchio di circa due centimetri «intercettato» durante un'esplorazione notturna della barriera mentre banchetta sulle rocce vive. La popolazione di granchi va tenuta sotto controllo. Esemplari troppo grandi possono creare problemi nella stabilità dell'arredamento e danneggiare alcuni invertebrati.


    


Amicizie pericolose/1. Una Aiptasia sp. Molto spesso questa attinia giunge in acquario come «clandestina» attraverso le rocce vive. Un singolo esemplare o una modesta colonia possono rimanere in vasca tranquilli per molti mesi. All'improvviso però, può cominciare a diffondersi sempre più rapidamente fino a trasformarsi in un'autentico flagello. Aiptasia è molto urticante e danneggia gli invertebrati vicini. Va quindi tenuta sotto controllo e, se necessario, eliminata. Attenzione, però, perché se, nel tentativo di estirparla, l'attinia non viene uccisa ma solo danneggiata, i frammenti di tessuto che si disperdono nell'acquario finiscono per fissarsi e dare vita a nuovi polipi. Io la elimino con un sistema molto semplice ma abbastanza efficace: una iniezione di acqua bollente praticata con una normale siringa. Dopo l'iniezione bisogna avere cura di raccogliere ed estrarre dalla vasca con delle pinzette tutti i resti del corpo dell'Aiptasia


 
  

Amicizie pericolose/2. Questa invece è una colonia di Anemonia cf. majano che sta minacciando la base di una Xenia sp.. Anche se meno temuta dagli appassionati, per questa piccola attinia vale lo stesso discorso della Aiptasia: pochi esemplari possono dare vita ad un'autentica infestazione.


 

Capricci. Ecco un'altra mia vasca da circa 150 lt che ha ospitato dal gennaio 1999 un Balistoides conspicillum (in alto a destra). Si tratta di un pesce che ho sempre sognato di allevare. Purtroppo, però, non è possibile tenerlo in una vasca di barriera. Così - terminato l'acquario da 500 litri - non ho resistito alla tentazione ed ho voluto togliermi questo «capriccio»: ho rispolverato dalla soffitta la mia vecchia vasca marina completa di mobile (si possono vedere in questa pagina qualche foto più sotto) e l'ho completamente ristrutturata. Quest'ultima versione è stata realizzata con sistema di tracimazione e vaschetta filtro sottostante (sump). Anche qui ho inserito uno schiumatoio, 20 chili di buone rocce vive, un piccolo filtro a letto fluido e un osmoregolatore con serbatoio (la scatola di polistirolo a destra). Mobile e vasca sono stati interamente autocostruiti.
 
  
Pretese. Questa è una vasca che, con molta immodestia, io definisco «sperimentale». L'ho realizzata con l'intento di creare una piccola coltura di Zooplancton in vista di un prossimo allevamento di cavallucci marini. Semplicissima: vecchia vaschetta inutilizzata da 60 litri netti, filtro sottosabbia rialzato di un paio di centimetri rispetto al modello «di serie», riscaldatore adeguato, quattro centimetri di graniglia corallina grossa, un aeratore per il filtro sottosabbia e un tubetto d'aria senza pietra porosa per il movimento dell'acqua. Per non danneggiare i microrganismi in sospensione è stato bandito l'uso di qualsiasi tipo di pompa. L'illuminazione è garantita da due faretti alogeni da 20 e 35 watt. Per avviare la colonia di Plancton nella vasca sono state inserire poche rocce vive di ottima qualità. L'esperimento è stato avviato il 29 ottobre 1999. Pochi giorni dopo sono stati inseriti due Lysmata debelius e dei ciuffi di Caulerpa sp. Nelle settimane successive acqua, rocce e fondo si sono popolate di una miriade di microrganismi. L'esperimento è stato, purtroppo, bruscamente interrotto pochi mesi dopo da un'emergenza: ho dovuto utilizzare la vasca per isolare un pesce.



 
 
 
  

L'esordio. Ecco la mia prima vasca, naturalmente autocostruita. Era il 1983 o giù di lì. Si trattava di un acquario da neanche 100 litri con un filtro interno a cartuccia. L'avevo avviato a Padova insieme a degli amici durante gli anni di studio (?) all'Università. Era nata come una normale vasca d'acqua dolce (lebistes, scalari, neon etc etc) ma, spinto dagli amici, l'ho ben presto trasformata in un «covo» di Piraña (Serrasalmus nattereri). C'è voluto ben poco a capire che non era stata una grande idea. Quei tre «brutti ceffi» (nella foto) crescevano a vista d'occhio, sbafavano carne in continuazione e l'acqua era ridotta a un brodo puzzolente. Fin che un giorno (orrore degli orrori) i poveri Piraña hanno cominciato a divorarsi tra di loro. Un trauma dopo il quale ho chiuso con le vasche d'acqua dolce.


 
Il sogno del marino. Conclusa l'esperienza padovana, me ne sono tornato a Verona (1986) ma la passione per l'acquario ormai aveva colpito e lasciato il segno. Così ho allestito una vasca da 150 litri, anche stavolta interamente autocostruita insieme al mobile. Per l'occasione ho deciso il salto di qualità da sempre sognato: sono passato all'acquario marino. Ho piazzato la vasca in cucina (all'epoca abitavo ancora con i miei) ed ho cominciato ad acquistare i pochi libri in italiano sul marino che in quegli anni si potevano trovare.


  

Dilettante allo sbaraglio. Ecco la vasca appena avviata. Come si può intuire, l'impianto comprendeva un filtro sottosabbia, un filtro biologico bagnato (ricavato in uno scomparto interno e costituito da cannolicchi e lana di perlon), un riscaldatore, un diffusore d'aria, pietre calcaree raccolte sui Monti Lessini, un paio di coralli morti e un paio di tubi neon. Stop. All'epoca mi sembrava un acquario straordinario, oggi mi rendo conto di quanto fosse un'opera da dilettante. L'acquario ha vivacchiato tra alterne vicende per circa tre anni. Nonostante le scarse soddisfazioni però, la passione cresceva. Fino a quando nel 1990 ho dovuto rispondere alla ...chiamata della patria. Così «causa servizio militare», con sommo dispiacere ho dovuto smontare l'impianto, mettere in soffitta la vasca e regalare i pesci ad un amico.


 
Ristrutturazioni. E' il 1996, il servizio militare è un ricordo, ho un appartamento mio ed un lavoro che mi consente di spendere qualche lira. Totale: rispolvero dalla soffitta il mobile costruito nell'86, smonto la vasca e la ricostruisco cambiando qualche lastra ...et voilà: il nuovo acquario marino è fatto. Niente più sottosabbia, bio-balls al posto dei preistorici cannolicchi, filtro a lana di perlon, n° due (sì, due) rocce vive e tanto entusiasmo. Anzi, tantissimo.

  

Scarabocchio. Il risultato? Quella che all'epoca mi sembrava una bella vasca, vista oggi si rivela un piccolo lager: invertebrati chiusi, alghe patinose proliferanti e pochi pesci spaventati. Insomma, osservarla oggi è un po' come guardare un proprio scarabocchio realizzato all'asilo. La malandata Sinularia asterolobata al centro è la stessa che è risorta nella vasca di barriera. Lo stesso vale per la colonia di Discosoma sp. sulla pietra nel centro e per le colonie di Palythoa sp. in basso, qui visibilmente sofferenti. Da notare che nella vasca avevo inserito (ahimè) anche un «disgraziatissimo» cavalluccio marino (Hippocampus kuda). Nella foto lo si scorge sulla destra aggrappato a testa in giù alla Tubipora musica, alla disperata ricerca di cibo. Ed è stato proprio per cercare informazioni su come alimentare il cavalluccio che nel dicembre del '97, navigando in Internet, sono approdato sul newsgroup it.hobby.acquari. Ricordo che i primi a darmi il benvenuto sono stati un «certo» Maurizio Ghelli e un «tale» Alessandro Rovero. E da qui, per il sottoscritto, è davvero cominciata una nuova èra...

 


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© Alberto Scapini -1998
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