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di Alberto Scapini
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Tuffo
nel blu. Spalancano stupefatti la bocca, il naso
schiacciato contro il vetro, i tre turisti francesi a bordo del
mini sottomarino che naviga sui fondali davanti a Trou aux Biches
a 33 metri di profondità, allesterno del reef. Lo spettacolo che scorre al di là del
vetro sembra assolutamente favoloso ai loro sguardi, forse poco
abituati alla barriera corallina: tre grossi anemoni se ne stanno
aggrappati semichiusi su una roccia melmosa, una manciata di
pesci pagliaccio guizza spaurita nellacqua lattiginosa e
una solitaria murena scura si ritrae, disturbata con puntualità
anche dal tour subacqueo delle 15.30.
Se
questo è ciò che di più suggestivo lisola Mauritius può
offrire quanto a fondali, cè davvero di che allarmarsi:
acqua torbida, pochi pesci e solo di specie piuttosto resistenti,
gruppi di madrepore scolorite e coralli soffocati da alghe
filamentose, molte formazioni in frantumi. Persino il piccolo e
agile sommergibile del Blue Safari, costruito a Marsiglia e in
funzione da sei mesi in questangolo di Oceano Indiano
accanto al Madagascar, contribuisce con qualche involontaria
"spallata" contro le madrepore.
Pescatore
di corallo a Milano. Ce laveva detto anche Roberto, il
giovane pescatore di corallo conosciuto sugli scogli lavici di
Pointe Eglise: «Qui la natura è molto danneggiata. Hanno
distrutto la foresta, lisola soffre sempre più di
siccità: non piove ormai da sei mesi. Nel mare i coralli sono
rovinati, il pesce è sempre più scarso: per noi la vita è
impossibile. Io e la famiglia ci siamo trasferiti sullisola
Plate, a due ore di barca da qui, verso nord. Là non cè
energia elettrica, né acqua corrente. Viviamo in piccole
baracche portandoci i rifornimenti da Mauritius una volta alla
settimana. Ma almeno attorno a Plate il mare è ancora vergine. E
molto pescoso». Sorride Roberto, socchiudendo al sole gli occhi
nerissimi e snocciolando un invidiabile italiano imparato nei
mesi di lavoro a Milano.
In
Italia ha sudato parecchio per racimolare il danaro necessario a
sostituire la vecchia barca da pesca della famiglia con una un
po più grande. Ha lavorato per sei mesi come operaio in
una fabbrica di materie plastiche. Chissà come
avrà fatto a sopravvivere tra vapori chimici e lampade al neon,
lui abituato a vivere sotto il sole rovente di Mauritius e a
pescare il corallo immergendosi con il padre a 20 - 30 metri di
profondità. A tu per tu con gli squali mako o, peggio, con
qualche isolato squalo bianco. Tuttaltra vita,
tuttaltre storie.
Racconta
di un pescatore fatto a pezzi da uno squalo sei mesi fa al largo
dell' Île aux Cerfs: «Se lè cercata: lui e i suoi
compagni sapevano che la costa lì è infestata. Hanno voluto
rischiare troppo. Si sono immersi uno alla volta cercando di non
rimanere troppo in acqua con i pesci appena arpionati e
sanguinanti appesi alla cintura. Lui si è tuffato per ultimo. I
compagni ci hanno raccontato che si è avvicinato troppo ad una
grotta dove cera un piccolo gruppo di squali mako. Uno
squalo si è avventato sul pesce appena catturato che il
pescatore stringeva ancora in mano: glielo ha strappato. Insieme
al braccio. La nuvola di sangue ha richiamato altri squali. Hanno
fatto a pezzi il sub in pochi istanti. I suoi compagni non hanno
potuto fare nulla».
Turisti d'assalto. «Qui invece», sorride Roberto, «non cè il pericolo degli squali: al largo ci sono un mucchio di delfini». Gli stessi che accompagnano gioiosi la discesa e la risalita del mini sommergibile francese. Già, qui il pericolo non viene certo dagli squali. Ma dal turismo. E dalla scarsa sensibilità delle autorità mauriziane verso la tutela del reef. Tuffandosi con maschera, pinne e boccaglio nella laguna interna la delusione è notevole: coralli sofferenti, spesso frantumati, pochi pesci impauriti. Dovè il trionfo di colori, di forme e di vita osservato per esempio lungo il reef del Mar Rosso? Sembra impossibile che la variopinta barriera corallina intravista dallaereo scendendo allaeroporto "Sir Seewoosagur Ramgoolam" di Plaisance sia ridotta in queste condizioni. Soprattutto qui, in questisola tropicale poco più a nord del Tropico del Cancro: uno degli ultimi paradisi terrestri. E invece purtroppo la situazione è triste, soprattutto nella fascia litoranea dove la pressione turistica è notevole. In particolare al nord. Nei tratti di spiaggia ancora liberi, sono in costruzione numerosi mega-alberghi; appena fuori dalla Grand Baie, decine e decine di lussuose villette sorgono una accanto allaltra a pochi metri dalla battigia. Vien da chiedersi dove finiscano gli scarichi. E la massiccia eutrofizzazione che soffoca le foreste d'Acropora (nella foto sopra) nella laguna interna, sembra purtroppo suggerire la risposta.
Ma
laggressione al reef non si misura solo in metri cubi di
cemento. Proprio sulla barriera scorrazzano decine e decine di
imbarcazioni. Motoscafi per lo sci dacqua si cimentano in
spregiudicati slalom tra sub e bagnanti sfrecciando a 10 metri
dalla battigia e 30 centimetri sopra le madrepore. Fuoribordo che
trainano i paracadute ascensionali schizzano tra le onde oltre
l'orlo del reef. Poi ci sono le barche "glass-bottom"
che vanno su e giù lungo la barriera cariche di turisti intenti
a guardare i coralli senza lo sforzo di un tuffo. E poi i fuoribordo strafottenti che
scorrazzano ovunque impestando laria di gas di scarico e
torturando lacqua con il fastidioso sibilo sabbioso del
motore. E la ciliegina: tra le offerte più succulente
prospettate ai turisti, cè anche unautentica
passeggiata subacquea sul reef, possibile grazie ad una sorta di
casco di vetro simile a quello dei palombari. Con tanto di
scarponi zavorrati. Il risultato? Dove la sarabanda turistica è
più vorticosa, sott'acqua il panorama è quasi sempre desolante.
Certo,
anche i capricci de «El Niño» devono avere una loro parte di
responsabilità: spesso le madrepore appaiono scolorite (nella foto a
destra); leccessiva temperatura sta
uccidendo i polipi rimasti privi delle alghe simbionti, le Zooxanthellae.
Ma «El Niño» non è certo diretto responsabile
dellesplosione di alghe filamentose dovute ad un eccessivo
carico di sostanze organiche nellacqua. Come non è certo
responsabile dei danni meccanici evidenti su molti gruppi di
madrepore.
Baia nebbiosa. Nella Grand Baie lacqua è calda e torbidissima. La visibilità non arriva a un metro. Quasi impossibile fare snorkelling. Per fortuna, uscendo dal piccolo golfo e risalendo la costa in direzione nord - est la situazione migliora. Lacqua rimane intorbidita da unemulsione filamentosa. A pochi metri dalla riva, il fondale comincia a ricoprirsi di un tappeto di alghe (Padina sp.) frammisto a praterie di Xeniidae di colori dal rosa al viola in cui si cela l'insidia di numerosi ricci dagli aculei lunghi. In alcuni punti il fondo è costituito da una sabbia melmosa giallastra e finissima che rilascia esalazioni sulfuree: tracce dellorigine vulcanica dellisola. Qua è là spuntano bellissimi gruppi di Sarcophyton, in particolare S. ehrenbergi dal diametro che sfiora il metro. Sul fondo numerosissime oloturie (Stichopus sp.) completamente nere o di varie sfumature marroni, lunghe anche metri.
Su questa prateria nuotano esemplari isolati o piccoli gruppi di Zanclus cornutus (nella foto sotto), qualche pesce chirurgo (Zebrasoma veliferum), dei pesci scatola (Ostracion meleagris), branchi di Dascyllus. Dirigendosi verso il bordo del reef, il fondale prima si allontana dalla superficie e poi, superato un tratto coperto di sabbia, comincia a risalire coprendosi lentamente di una sterminata foresta di Acropora cervicornis. La visibilità migliora fino a raggiungere i tre - quattro metri. La parte inferiore della foresta di Acropora è interamente coperta di alghe verdi filamentose. Tra i rami centinaia e centinaia di pesci scuri con una grossa macchia nera al termine della pinna dorsale (labridi ?) emettono sonori e minacciosi schiocchi per allontanare lintruso. I più audaci arrivano persino a mordere la maschera. Il bordo esterno del reef è segnato dalla cresta delle onde - piuttosto alte - che provengono dallOceano aperto e si infrangono contro la barriera. Impossibile raggiungere a nuoto quel punto anche con lalta marea: la foresta appuntita e tagliente di Acropora si fa sempre più affiorante fino a rendere troppo pericoloso il proseguire.
Qualche chilometro più ad est, dopo Pereybère, la laguna presenta uno scenario subacqueo simile. Lacqua - sempre giallastra - è un po più trasparente. Diminuiscono gli alcionacei e appaiono grosse formazioni di Porites sp. dalla forma di macigno, costellate da Spirobranchus giganteus. Più al largo, prima di raggiungere la foresta di Acropora, si elevano dal fondale grosse e rotondeggianti formazioni di corallo di fuoco (Millepora dichotoma). Ci sono anche isolati gruppi di Favites sp. e Goniopora sp. e qualche isolato pesce pappagallo verde (Scarus sordidus).
Ancora più rovinata appare la laguna sulla costa nord - ovest, di fronte al Madagascar. A Pointe aux Piments, a due - tre metri dalla spiaggia, lacqua è lattiginosa mentre il fondo è ricoperto da uno strato di grossi frantumi scuri di Acropora. Allontanandosi dalla riva, lo scenario è torbido e deserto, fino a raggiungere l'ormai familiare cintura di foresta di coralli. Gli unici pesci, nervosi e aggressivi, sono i soliti inquilini dalla livrea scura che guizzano tra i rami di corallo coperti di alghe. Sulla riva sono allineati numerosi cantieri di alberghi in costruzione.
Sul fondo. A questo punto le speranze sono riposte nellescursione a 30 metri di profondità a bordo del mini sommergibile francese. Il Blue Safari Submarine si cala dalla nave appoggio ormeggiata a circa sette miglia marine dalla costa, al largo di Trou aux Biches, la spiaggia più rinomata (e affollata) di Mauritius. E invece anche qui la delusione è grande. La visibilità, anche scendendo, non supera mai i quattro - cinque metri. A parte lemozione di unescursione subacquea assolutamente unica con tanto di visita al relitto di un mercantile, il panorama marino è purtroppo desolante: fondale melmoso, un gruppo di anemoni (Heteractis magnifica) chiuso e circondato da disorientati Amphiprion perideraion, qualche grande Zebrasoma scopas, piccoli esemplari di Zebrasoma veliferum, Dascyllus albisella e D. melanurus. Nella cabina del relitto ha trovato casa un grosso balistide scuro e attorno girovagano esemplari di Zanclus cornutus e qualche pesce farfalla (Chaetodon trifasciatus). I fari del sottomarino illuminano unisolata ramificazione di corallo nero (nella foto a destra) che sembra piantata lì apposta dallequipe del Blue Safari Submarine. Si scorgono altri gruppi di madrepore soffocate da uno strato di fango. Poche le formazioni di corallo rigogliose lungo le pareti che scendono dalla superficie al fondo. Chissà se tutto attorno allisola, la barriera è in queste condizioni. Cè proprio da augurarsi di no.
Reef, finalmente. Lontano dalle zone più antropizzate, allestremo sud, davanti a Pointe aux Roches ecco finalmente una laguna vergine. Lacqua è bassa e cristallina. La sabbia granulosa e bianca. E finalmente, sott'acqua, lo sguardo scorre un panorama limpido e variopinto. La varietà di madrepore non è elevatissima ma di tutto rispetto: i soliti gruppi di Acropora cervicornis si alternano ad Acropora formosa, tra i cui rami branchi di minuscoli Dascyllus o di Chromis caerulea si tuffano ad ogni avvisaglia di pericolo sparendo come inghiottiti: cessato l'allarme l'intero branco schizza fuori in perfetta sincronia come se esplodesse fuori dal corallo. Sul fondo non è raro imbattersi in esemplari di Fungia sp. Ci sono formazioni coralline complesse costituite da Acropora hyacinthus e A. formosa (nella foto a sinistra). Altre costituiscono un groviglio ancora più inestricabile e tagliente di forme e colori in cui guizzano timidi i pesci più strani. Sotto gli ampi coralli a forma discoidale (nella foto a destra) si nascono branchi di rossi Myripristis murdjan, qualche Cephalopholis argus e, in agguato, anche qualche esemplare di Pterois volitans. Tra i gruppi di Montipora foliosa non sono rari i Canthigaster dalle livree più strane, i pesci scatola (Ostracion meleagris), i balestra picasso (Rhinecanthus aculeatus). Si fa sorprendere anche un vivace Coris angulata. E poi ci sono i pesci palla (Arothron hispidus), pesci ago, pesci lucertola (Synodus variegatus), piccoli branchi di pesci farfalla (Zanclus cornutus), grossi Zebrasoma scuri. Frugando con lo sguardo tra le madrepore si può scovare anche qualche esemplare di Tridacna sp. dai lembi ricamati di verde.
Unaltra
piacevole sorpresa arriva a metà della costa ovest,
allaltezza della spiaggia di Flic en Flac. Anche qui
lacqua raggiunge in certi momenti della giornata una
discreta trasparenza. Lo scenario subacqueo offre ancora varie
specie di Acropora, grosse formazioni
rotondeggianti di Porites lobata, e poi ancora Favites
sp., Turbinaria peltata, Pocillopora
verrucosa, Platygyra daedalea. Sulla sabbia
si muove lentamente uno strano riccio dal colore arancio(Toxopneustes pileolus) i
cui aculei sono costituiti da una sorta di squame triangolari
dall'estremità piatta. Verso il tramonto, quando il
"traffico" umano fuori e dentro l'acqua cala fino ad
estinguersi, la fauna ittica si moltiplica: lontano sfrecciano,
confuse nel blu, le sagome quasi invisibili di branchi di grossi Caesio
xanthonotus. Sul fondo cominciano a serpeggiare numerose
murene. Ed è davvero uno spettacolo fuori del tempo osservare
branchi di pesci farfalla (Chaetodon trifasciatus - nella foto a
sinistra) che nuotano tranquilli nel controluce
dorato del tramonto.
La lezione del Dodo. Sicuramente ai tempi del Dodo, il goffo uccello predato dai portoghesi e completamente estinto già alla fine del Seicento, tutta Mauritius doveva essere come oggi la si vede a Pointe aux Roches o a Flic en Flac: un paradiso verde circondato da acqua cristallina e fondali sgargianti di forme e colori. Cè da sperare che le autorità mauriziane aprano gli occhi. Ma devono fare in fretta. Sarebbe imperdonabile riservare alla barriera corallina, già pesantemente danneggiata, una fine simile a quella a cui è andato incontro il povero Dodo: lultimo esemplare (nella foto a destra) troneggia impagliato e triste nel museo di Port Louis. Nemmeno i turisti lo degnano più di uno sguardo. |
[ÎLE MAURITIUS]
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Tuttre le foto sono di Alberto Scapini - Mauritius 21.03.99 - 04.04.99
©
Alberto Scapini -1998
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